Data la crisi dell’apprendere si iniziano a studiare le pratiche di
apprendimento in contesti non educativi ma di vita quotidiana. Fondamentale è
il contributo di
Howard Gardner.
Lo
studioso Howard Gardner, con la pubblicazione del suo libro Formae mentis
(1983), introdusse al mondo scientifico ed accademico la teoria delle
intelligenze multiple, secondo la quale non esiste una facoltà comune di
intelligenza, bensì diverse forme di essa, ognuna indipendente dalle altre.
Con
la sua opera Gardner mise in discussione la vecchia teoria di intelligenza e
gli strumenti utilizzati per misurarla.
L’autore
sottolinea come i test, sino ad allora utilizzati in Occidente (Stati Uniti e
paesi sviluppati dell’Europa) per misurare e diagnosticare l’intelligenza di
studenti e candidati, in occasione delle selezioni scolastiche o lavorative,
andassero a considerare soltanto due tipi di intelligenza: quella linguistica e quella logico-matematica.
Accanto ad esse, Gardner ne pone altre 5 che sono le seguenti:
- l’intelligenza
spaziale;
- l’intelligenza
sociale;
- l’intelligenza
introspettiva;
- l’intelligenza
corporeo cinestetica;
- l’intelligenza
musicale
Con l’avvento dell’era post industriale ed informatica contemporanea le
capacità di collaborare in gruppo e di risolvere in un breve lasso di tempo
problemi inaspettati ed improvvisi richiedono ai lavoratori un buon uso di
competenze interpersonali (l’intelligenza introspettiva di cui parla Gardner) e
del pensiero divergente, tipico delle menti creative. Secondo Gardner occorre
fare un’ulteriore
precisazione
pedagogica:
per camminare a passo con i propri tempi, la scuola attuale deve puntare alla
formazione di giovani che abbiano teste “versatili”, ossia cervelli in grado di
imparare sempre cose nuove e in grado di attivare una diversità di competenze
in passato non richieste. Le vecchie generazioni imparavano, infatti, un
mestiere e quello si tenevano per tutta la vita, potendosi adagiare sull’uso esclusivo
di un tipo di intelligenza che la mansione da loro assunta aveva fin dall’inizio
imposto e che l’addestramento ripetitivo di anni di lavoro aveva rafforzato,
impedendo però la sperimentazione di altre intelligenze.
Fra le sette intelligenze teorizzate da Gardner
poniamo la nostra attenzione sull’intelligenza sociale, successivamente divisa in:
-
Intelligenza Interpersonale: abilità di
interpretare le emozioni, le motivazioni e gli stati d’animo degli altri;
-
Intelligenza Intrapersonale: abilità di
comprendere le proprie emozioni e di incanalarle in forme socialmente
accettabili;
Garden, però, rimane ancorato ad una definizione di
intelligenza troppo cognitiva legata al momento di forte diffusione del
cognitivismo. Ad ampliare il concetto di un intelligenza sociale arriva D.Goleman
nel 1995 con la pubblicazione dell’ “L’intelligenza emotiva”, testo in cui
l’autore riflette sulla crisi della società attuale e sul malessere emozionale
crescente.
L’intelligenza
emotiva è definita come “la capacità di motivare se stessi, di
persistere nel perseguire un obiettivo nonostante le frustrazioni, di controllare
gli impulsi e rimandare la gratificazione, di modulare i propri stati d’animo
evitando che la sofferenza ci impedisca di pensare, di essere empatici e di sperare”.
L’intelligenza emotiva è la capacità di
relazionarsi con gli altri in maniera costruttiva attraverso
l’empatia e la comunicazione. L’empatia è la capacità di cogliere le emozioni
degli altri, comprendendo il loro punto di vista, immedesimandosi nella loro situazione
e rimanendo consapevoli del fatto che tali emozioni non ci appartengono. Per
comunicazione Goleman intende invece la capacità di creare coerenza tra ciò che
si dice e le proprie azioni (tra linguaggio verbale e non verbale), la capacità
di saper
ascoltare l’altro, mostrando interesse per le emozioni altrui.
D. Goleman va oltre la tesi delle
Intelligenze multiple di Gardner e approfondisce due concetti:
-
la possibilità che l’intelligenza sia presente nelle
emozioni
-
l’educabilità della stessa intelligenza.
Egli riconosce che, pur essendo
l’Intelligenza Emotiva fondamentale come le capacità intellettuali, per molto
tempo il ruolo dei sentimenti e delle emozioni sono stati trascurati.
Egli sottolinea come a guidarci
nell’affrontare situazioni e compiti difficili e importanti, siano sia
l’intelletto che le emozioni; dunque, essere in grado di conoscere e dominare
le proprie emozioni, di riconoscere quelle degli altri e di gestire le
relazioni con gli altri sono delle discriminanti fondamentali per il successo e
il benessere di ciascun individuo.
Una persona che dispone di una buona intelligenza
sociale è in grado di vivere la propria vita e le relazioni con gli altri in
maniera più serena ed equilibrata. Essere in grado di comprendere il punto di
vista dell’altro, di comunicare in maniera chiara le proprie emozioni ed i
propri pensieri consente di evitare una serie di equivoci e malintesi con
l’altro, di affrontare e gestire i conflitti con efficacia; permette, in
generale, di
vivere
meglio ogni tipo di
relazione con gli altri, da quella
sentimentale a quella con i propri figli, passando per l’ambiente di lavoro.
Goleman sottolinea l’importanza di un’alfabetizzazione
emozionale che venga impartita nelle scuole, portando ad esempio la disciplina
della Scienza del sé elaborato da Karen Stone McCrown. La scienza del sé si
pone l’obiettivo di innalzare il livello di competenza sociale ed emozionale
nei ragazzi come parte della loro istruzione regolare.
Gardner, invece, propone Project Spectrum.